il diritto di dire no e fare sentire la propria voce

Il diritto di dire “no” (senza sensi di colpa)

Vi hanno mai fatto sentire incredibilmente piccoli, ipocriti e malvagi solo per il vostro pensare di rifiutare qualcosa?

A me è capitato più di una volta.

Come ho scoperto negli ultimi mesi, sono una people pleaser, una persona che è stata abituata, quasi plasmata per farsi piacere, per farsi accettare e per aiutare gli altri, mettendo loro e i loro bisogni sempre al primo posto.

A quanto pare, è qualcosa che mi porto dentro fin da piccola.

Qualcosa che si è andato a costruire con gli anni della mia infanzia e che ha continuato a crescere come una fiorente pianta ben curata.

Sono sicura di non essere l’unica persona che è cresciuta con questa responsabilità. Con quel bisogno di essere sempre perfetta, di non deludere mai le aspettative degli altri, di essere la spalla su cui piangere, la figlia di cui andare fiera, la nipote premurosa e servizievole, quella sempre presente per tutti.

Ho pensato che fosse la mia personalità per molto tempo.

Almeno finché la psicoterapia è stata finalmente riconosciuta come uno strumento per conoscersi meglio, per comprendersi e per trovare se stessi, e non più una cura da pazzi. Questo cambio di coscienza e di consapevolezza ha sviluppato una serie di contenuti online e offline che mi hanno permesso di comprendermi meglio, di capire chi fossi e che cosa volessi.

Quello che ho capito, alla fine, è che mi sono sempre messa in secondo piano. Questa è la radice delle mie insicurezze, delle mie infelicità. Perché la mia serenità, la mia realizzazione è sempre passata in secondo piano, dietro le aspettative degli altri.

Poi sono arrivati i trent’anni e ho finalmente compreso che non potevo vivere così la mia vita. Non potevo essere l’ennesima persona che si faceva trascinare da una società che mette sempre i vincitori davanti ai vinti sulla base di criteri sbagliati e a volte persino imbarazzanti.

Ho capito che ho il diritto, che ognuno ha il diritto a dire di no.

Ho il diritto a dire di no a qualcosa che mi fa stare male, a qualcosa che non mi fa sentire a mio agio, e al diavolo questa idea che le cose belle nascono solo quando ci spingiamo sempre a fare cose che non ci piacciono.

Qui c’è qualcosa di più viscerale in gioco. Non stiamo parlando di fare qualcosa che non ci piace, o che non ci va. Stiamo parlando di qualcosa di più profondo, di qualcosa che mette a rischio la nostra vita, il nostro benessere, il nostro futuro. Perchè dovremmo fare qualcosa di questo genere?

Perché soddisfare le aspettative e i desideri di qualcun altro?

Per fare loro felici?

Per fare in modo che loro abbiano successo?

Per contribuire alla loro ricchezza?

Nessuno vale questo prezzo. Non la famiglia, né gli amici, né i datori di lavoro.

Il diritto a dire di “no”, il diritto al nostro benessere, il diritto a mettere noi stessi prima di tutto il resto è sacro, ed è l’ora che questa società in cui ci spingono a essere tutti finti altruisti così che i più furbi e senza coscienza possano fare gli arrivisti finisca. È l’ora di riprenderci i nostri spazi, i nostri diritti, il nostro futuro.

Perché è vero che possiamo avere un futuro brillante con l’impegno, ma solo se siamo disposti a cambiare questa società e ad aprire con la nostra forza, i nostri combattimenti e il nostro risveglio, la porta ad altre e nuove generazioni, senza pensare che loro non si meritino questi trattamenti perché abbiamo fatto noi la fatica, ma con l’idea che lo stiamo facendo per un mondo migliore e più giusto.

Io amo aiutare le persone. Chi mi conosce lo sa, sia nella vita personale che nella vita professionale.

Se vedo qualcuno in difficoltà io sono la prima persona a tendere la mano, anche nei momenti più difficili della mia vita, ma questo non significa che io non sia disposta a lottare, quando sento di doverlo fare, per il mio benessere, per la mia vita, per la mia serenità, per la mia sopravvivenza.

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